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Draghi un uomo di sostanza che ha anche stile ma rilanciare l’Italia è più difficile che salvare l’euro

21.02.2021 12:28

Il discorso di Mario Draghi in Parlamento mi ha fatto un grande effetto: rispetto al triste spettacolo delle risse cui il movimento cinquestelle, dall’alto dei suoi “vaffa” (solo chi non ha argomenti insulta) poi riportati in parlamento e nell’azione di governo ci aveva abituati. Rimane ancora vivo il ricordo del vergognoso mercato delle bestie tenutosi in parlamento per salvare il governo Conte-bis, sono riusciti a fare peggio di quanto accadde nel 2006 ed il 2008.

Draghi ha segnato una cesura, una grande differenza di stile e di contenuti: è l’impressione a caldo che il debutto da premier di Draghi ha fatto, ma non solo a me: è stato ben accolto da buona parte delle forze politiche e dell’opinione pubblica. Rispetto alle risse a cui eravamo abituati, Draghi ha segnato un taglio, un notevole cambio di passo, tradotta in una grande differenza di stile e di contenuti:

La consegna del Silenzio se non si ha nulla di concreto da dire;

La riservatezza sui nomi e sui provvedimenti fin quando non sono ufficiali;

Lo stile sobrio della comunicazione.

Adesso finalmente i contenuti sono tornati predominanti, come dovrebbe sempre essere. Speriamo che questo porti i partiti a superare alibi e pregiudizi. Nel merito ho trovato l’intervento totalmente condivisibile e in particolare mi è piaciuta la coraggiosa difesa del carattere politico del governo. Che cos’è la vera politica se non arte del governo? Basti guardare all’esempio di altri Paesi occidentali, dove è prassi che a fare i ministri ci vadano professionisti, tecnici ed esperti e non sta scritto da nessuna parte che debbano essere sempre parlamentari”. Tuttavia, lo aspetta un compito difficile: rilanciare l’Italia sarà più difficile che salvare l’euro”.

Si dice che questo Governo sia nato per merito della crisi aperta da Matteo Renzi, che però è stato aspramente attaccato, ho ribadito ultimamente, malgrado la mia scarsa simpatia per Renzi, (che risale a quando era presidente del consiglio ed al suo disastroso operato di governo) che analizzavo solo quanto ha fatto dal chiedere una verifica, fino all’apertura della crisi. A parte i soliti odiatori seriali del web e tutti gli italiani esperti di politica da bar è stato attaccato da molti, soprattutto dai vertici del Partito Democratico, però poi rileggendo i giornali del periodo si ritrovano le dichiarazioni di Zingaretti e Bettini i primi, ad ottobre, che criticano, anche pesantemente, l’allora premier Conte. Dicevano con forza “non si può tirare a campare”, poi però, impauriti da un ritorno alle urne, che li avrebbe penalizzati pesantemente hanno scelto la linea “o Conte o elezioni” ben sapendo che il presidente Mattarella non avrebbe mai concesso le elezioni. Hanno persino respinto l’ipotesi della cosiddetta maggioranza Ursula, cioè allargando l’alleanza a Calenda, Bonino, Forza Italia, tutto ciò fa pensare alla mancanza programmatica che regna nel partito democratico tanto da arrivare a considerare l’alleanza coi 5 Stelle come un’unione quasi sacra, giustificando la loro carenza di contenuti e di programmi, vaneggiando che è un baluardo contro la destra, quando poi a leggere i sondaggi,  nessuno li darebbe vincenti sul centrodestra, nemmeno con l’aggiunta di un eventuale partito di Conte. Questo modo di fare politica "contro", piuttosto che "per" poi lascia i risultati che abbiamo avuto con il governo conte, un disastro in tutti i settori.

Purtroppo, nel titolo scrivo che rilanciare l’Italia è più difficile che salvare l’euro, proprio perché con questa classe politica, con questi sindacati, con i quali dovrà per forza di cose confrontarsi Draghi, la vedo difficile, la vedo difficile perché gli egoismi di partito non sono mai sopiti, la vedo difficile perché appena si comincerà a trattare di riforme serie come quella della giustizia, scenderà in campo il partito dei giudici che da venticinque anni condiziona questo paese. La vedo difficile perché gli italiani ultimamente hanno perso la loro cultura e dimenticato la loro storia.

Che Dio ce la mandi buona

 

Luciano Palmeri

(riproduzione©riservata)

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