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Linee Guida per l'applicazione del Decreto cd. Green Pass - In vigore dal 15 ottobre 2021
10.10.2021 10:38Le modifiche apportate alla normativa emergenziale vigente dal Decreto Legge n. 127 del 21 settembre 2021 (il cosiddetto “Decreto green pass bis” da poco pubblicato in Gazzetta Ufficiale) coinvolgono, a più livelli, pubblici e privati, fornendo preziose indicazioni anche in merito al settore scolastico, universitario e dei trasporti, oltre a fornire nuove regole privacy per i cosiddetti “verificatori”.
Sempre maggiore rilevanza viene data, da parte del legislatore, al green pass, prezioso strumento che consente di verificare, con immediatezza, il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per l’accesso ai luoghi di lavoro.
Scopo primario e fondamentale di queste ulteriori misure emergenziali è quello di contenere, per quanto possibile, il contagio all’interno dei luoghi di lavoro, senza che ciò determini, allo stesso tempo, il blocco delle attività produttive.
Il decreto green pass bis in sintesi
Come noto, il nuovo decreto green pass-bis pone nuovi obblighi sia in capo al datore di lavoro che in capo al lavoratore stesso, in ambito pubblico e privato.
Ai fini della verifica del possesso del green pass, infatti, il lavoro pubblico o privato è sostanzialmente assimilato dal legislatore, estendendosi le nuove misure anche a tutti i soggetti che operano in qualità di liberi professionisti o lavoratori autonomi.
In primo luogo, il D.L. prevede che, dal 15 ottobre 2021 al 31 dicembre 2021 (data stimata di conclusione dell’emergenza sanitaria attualmente in corso), a chiunque svolga un’attività lavorativa nel settore privato, o nel settore pubblico, nell’ambito del territorio nazionale, sia fatto obbligo, ai fini dell’accessi ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19.
Tale disposizione, resa sia per i lavoratori pubblici che per i privati, si applica altresì “a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato” presso privati o pubbliche amministrazioni “anche sulla base di contratti esterni”.
Le uniche esenzioni espressamente previste dalla legge riguardano i soggetti estremamente fragili, identificati secondo i criteri definiti dal Ministero della Salute mediante specifica circolare 0035309-04/08/2021, che sono esenti dalla campagna vaccinale: tali soggetti dovranno essere in grado di produrre idonea certificazione medica comprovante il diritto di esenzione dagli obblighi sin qui esaminati.
Gli obblighi per il datore di lavoro
I datori di lavoro, sia pubblici che privati, saranno tenuti a verificare il possesso del green-pass. La verifica dovrà essere svolta, ai sensi del riformato Art. 9-septies del D.L. 52/2021, oltre che dai soggetti presso cui l’attività lavorativa è svolta, anche dai rispettivi datori di lavoro: è il caso tipico del dipendente dislocato presso una diversa struttura, o collocato fuori ruolo presso amministrazioni diverse da quella di appartenenza.
I datori di lavoro presso cui le attività operative sono svolte, saranno tenuti, ai sensi del comma 5 del medesimo articolo, a definire, entro e non oltre la data del 15 ottobre 2021, le “modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controllo siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli
Le nuove disposizioni emergenziali prevedono, che il datore di lavoro e il dipendente siano sottoposti a sanzione nel caso in cui l’accesso al luogo di lavoro, in assenza della certificazione verde, sia stato consentito oppure sia avvenuto in violazione delle nuove previsioni normative. Con riferimento al dipendente che accede al luogo di lavoro in violazione degli obblighi previsti in capo allo stesso, la norma in esame afferma, infatti, che in tal caso “restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i riferimenti di settore”.
Tuttavia, in merito a tale eventualità, il Governo ha chiarito che “in caso di accertamento da parte delle autorità se un dipendente viene trovato senza green pass, nulla può essere contestato all’azienda se i controlli a campione sono stati effettuati nel rispetto di adeguati modelli organizzativi”.
Decreto green pass: adempimenti privacy per i “verificatori”
Il citato art. 9 septies prevede espressamente che i soggetti chiamati dal titolare del trattamento ad effettuare le attività di verifica siano espressamente autorizzati, ai sensi del disposto normativo di cui all’art. 29 GDPR e 2-quaterdecies del Codice Privacy.
Non solo: la verifica potrà essere svolta esclusivamente mediante la app VERIFICAC19, che non conserva alcuno dei dati oggetto di verifica, e può essere utilizzata anche offline.
Ne deriva che il trattamento di verifica del green pass non solo debba essere opportunamente inserito dal titolare del trattamento (il datore di lavoro) all’interno del registro delle attività di trattamento di cui all’art. 30 GDPR (tenendo ben presente che i dati ottenuti nell’ambito di tale trattamento non potranno in alcun modo essere oggetto di conservazione o comunicazione, salvo sia diversamente ed espressamente indicato dalla legge), ma dovrà anche essere oggetto di specifica autorizzazione ed istruzione al trattamento.
Nel concreto, individuati i soggetti cui spetterà il compito di verificare il possesso del green pass, il titolare dovrà formare e istruire correttamente questi ultimi, con atto formale che li autorizzi a prendere visione dei dati medesimi. Viceversa, il datore di lavoro sarà esposto a sanzioni derivanti dalla violazione della normativa emergenziale e della normativa vigente in materia di privacy.
Al personale incaricato dell’accertamento e della contestazione delle violazioni delle norme previste dal D.L. in esame, spetta anche il compito di trasmettere al Prefetto gli atti relativi alla violazione. Sarà, infatti, quest’ultimo ad erogare le sanzioni.
Decreto green pass: come individuare i “verificatori”
Nel settore privato, i verificatori potranno essere identificati, stando alle Linee Guida fornite da Confindustria, anche nel personale di vigilanza, specialmente nel caso in cui l’attività lavorativa si svolga sulla base di una turnazione del personale dipendente.
I verificatori, come indicato dal decreto, dovranno essere identificati con atto formale: poiché l’attività di controllo del Green Pass comporta un trattamento di dati personali, ne consegue che l’atto formale dovrà integrare anche tutti i requisiti richiesti dal combinato disposto degli artt. 29 GDPR e 2-quaterdecies Codice Privacy, i quali prevedono, rispettivamente, che chiunque agisca sotto l’autorità del titolare o del responsabile del trattamento, e “abbia accesso a dati personali non può trattare tali dati se non è istruito in tal senso dal titolare del trattamento”, e che “Il titolare o il responsabile del trattamento possono prevedere, sotto la propria responsabilità e nell’ambito del proprio assetto organizzativo, che specifici compiti e funzioni connessi al trattamento di dati personali siano attribuiti a persone fisiche, espressamente designate, che operano sotto la loro autorità”, individuando “le modalità più opportune per autorizzare al trattamento dei dati personali le persone che operano sotto la propria autorità diretta”.
Nel caso in cui tale accertamento non sia svolto all’ingresso ma in un momento successivo, e si verifichi che l’accesso al luogo di lavoro è avvenuto in mancanza di green pass, “il personale dovrà essere allontanato dalla sede di servizio, sanzionato ai sensi dell’articolo 9-quinquies, comma 8, del decreto-legge n. 52 del 2021, e sarà considerato assente ingiustificato fino alla esibizione della certificazione verde. La medesima sanzione si applica anche nel caso di rifiuto di esibizione della citata certificazione”, ferme restando le conseguenze disciplinari previste dagli ordinamenti di appartenenza del personale. Anche in questo caso, non si consente che il lavoratore permanga nella struttura, anche a fini diversi, o che il medesimo sia adibito a lavoro agile in sostituzione della prestazione non eseguibile in presenza.
Certificazione assente o non valida: cosa succede?
Gli artt. 9-quinquies e 9-septies del decreto green pass-bis prevedono che, i lavoratori, “nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde Covid-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro”.
“Per i giorni di assenza ingiustificata”, continuano le norme, “non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato”.
La previsione dell’assenza ingiustificata in luogo della sospensione dalla prestazione dell’attività lavorativa rappresenta un’importante semplificazione per i datori di lavoro che si troveranno a dover fare applicazione delle nuove norme emergenziali.
Nel caso in cui il lavoratore privo di green pass acceda ugualmente ai locali aziendali, sottraendosi al controllo, la normativa prevede che lo stesso sia non solo sanzionato, ma possa essere anche oggetto di procedimento disciplinare secondo i rispettivi ordinamenti di settore.
La condotta dolosa tenuta dal lavoratore che viola volontariamente i protocolli di controllo dell’azienda o della Pubblica Amministrazione presso cui opera, è ritenuta, infatti, non rientrante nell’ombrello protettivo disciplinare previsto, invece, per tutti gli altri lavoratori.
Tamponi e vaccini: per quanto tempo sono validi
Con il decreto green pass-bis, sono state introdotte alcune novità anche in merito al tempo di validità della certificazione. Nello specifico:
- per i soggetti guariti dalla Covid-19, la certificazione dura 12 mesi dall’avvenuta guarigione;
- per i soggetti cui è stato somministrato il vaccino, la certificazione dura 12 mesi dalla somministrazione (contrariamente ai 9 mesi precedentemente previsti);
- la certificazione fornita a seguito di test antigenico rapido o di tampone salivare ha una validità di 48 ore;
- la certificazione fornita a seguito di test antigenico molecolare ha una validità di 72 ore.
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